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Corte d'Appello di Bologna > Giustificato motivo oggettivo
Data: 15/05/2003
Giudice: Di Stefano
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 173/03
Parti: Stefano D. / Ditta Parisini Giorgio
LICENZIAMENTO PER INIDONEITA' SOPRAVVENUTA - TEMPORANEITA' DELLA STESSA: RILEVANZA. - ONERE DELLA PROVA SU POSSIBILITA' DI UN DIVERSO UTILIZZO - VALORE DELLA C.T.U. - APPLICABILITA' DELL'ART. 18


Un lavoratore veniva licenziato a seguito di un infortunio sul lavoro, nel 1994, sulla scorta di un giudizio espresso dall'allora USL di Bologna Sud con cui lo stesso veniva dichiarato "temporaneamente non idoneo alla mansione di installatore impianti elettrici" con precisazione che "un giudizio definitivo" si sarebbe potuto esprimere "verosimilmente dopo tre mesi". Nel corso del giudizio di primo grado una CTU affermava l'impossibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni e conseguentemente il Tribunale del lavoro (divenuto nel frattempo giudice competente) respingeva il ricorso con cui era stato impugnato il licenziamento. Di contrario avviso si mostrava la Corte d'Appello, per la quale la fattispecie andava valutata in base alla previsione dell'art. 1464 c.c. secondo cui quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte può recedere dal contratto "qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale": nella presente fattispecie, quindi, solo ove la sopravvenuta incapacità fisica avesse avuto carattere definitivo e fosse mancato un interesse del datore di lavoro alle future prestazioni lavorative (ridotte) del dipendente (v. Cass. n. 5532/2003). Né il datore di lavoro aveva provato, nel giudizio di primo grado, l'impossibilità di poter destinare il lavoratore infermo ad altre mansioni all'interno dell'azienda, così come richiesto da Cass. S.U. n. 7755/1998, essendosi limitato ad affermare che spettava al lavoratore indicare in quali specifiche mansioni potesse essere adibito. Parimenti non poteva considerarsi acquisita la prova dell'inesistenza di mansioni compatibili con l'invalidità del dipendente attraverso la CTU disposta in primo grado, e ciò innanzi tutto per la natura stessa della consulenza che, "quando non sia volta all'accertamento di fatti materiali, ma consista in un'indagine essenzialmente critica e valutativa, non costituisce un vero e proprio mezzo di prova, ma serve solo a fornire al giudice argomento alle proprie valutazioni (Cass. n. 1115/1993)" e "non costituisce mezzo diretto a sollevare le parti dagli oneri probatori da cui sono gravate ex art. 2697 cod. civ. (Cass. n. 3615/1990)". Del resto la stessa CTU era meramente confermativa solo dell'inidoneità a svolgere, all'epoca del licenziamento, "la gran parte delle mansioni di operaio elettricista", non escludendo quindi, in assoluto, la possibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni. In conclusione la Corte, riformando la sentenza del Tribunale, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento, ordinando alla ditta datrice di lavoro di reintegrare l'ex dipendente nel posto di lavoro con assegnazione di mansioni compatibili con la sua invalidità